La Compagnia dell’Anello, il Viaggio comincia! (di Martina Saugo, 4AII)

la-compagnia-dell-anello-libro_55061Recensione di Martina Saugo, 4AII

La Compagnia dell’Anello, il Viaggio comincia!

La Compagnia dell’Anello è il primo libro della famosa trilogia di J. R. R. Tolkien (1892-1973) Il Signore degli Anelli. Pubblicato per la prima volta nel 1954, è senza alcun dubbio uno dei pilastri del genere fantasy ed è collocato sulla cima della classifica dei libri più venduti di sempre, secondo solo a Racconto di due Città di Charles Dickens.

Quando suo zio decide di ritirarsi dalla Contea per dedicarsi a dei viaggi avventurosi come quelli che avevano caratterizzato la sua giovinezza, Frodo Baggins si trova incaricato di una missione di vitale importanza. Bilbo gli aveva infatti lasciato un’eredità dal valore inestimabile: un anello dorato e dal grande potere. Inizialmente il giovane non è consapevole del dono che gli era stato affidato e la sua vera natura gli viene rivelata dopo molto tempo da un saggio e anziano stregone, Gandalf, grande amico del vecchio proprietario dell’anello. Egli, tornando nella Contea dopo lunghi anni di ricerche, racconta a Frodo la storia dell’Anello con un’antica poesia:
”Tre anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende,
Sette ai Principi dei Nani nelle lor rocche di pietra,
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
Uno per l’Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra,
Nella terra di Mordor, dove l’Ombra nera scende.
Un Anello per domarli, un anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli,
Nella Terra di Mordor dove l’Ombra cupa scende.”

Si tratta dell’Anello dell’Oscuro Signore, un’arma estremamente potente e, con la nuova ascesa di Sauron, pericolosa più che mai in quanto egli voleva riappropiarsene per riprendere il controllo della Terra di Mezzo. L’Anello era indistruttibile perchè forgiato nel calore del Monte Fato e possedeva una coscienza propria, in grado di fargli desiderare qualcuno piuttosto che qualcun altro quale suo padrone e poteva influenzare il Portatore dell’Anello al punto da farlo impazzire.
Al fine di salvaguardare tutti gli abitanti della Terra di Mezzo, Frodo decide, su consiglio di Gandalf, di incamminarsi fino a Gran Burrone, dimora del saggio re mezzelfo Elrond. Ad accompagnare Frodo nel suo lungo viaggio ci sono i suoi più intimi amici: Samwise Gamgee (Sam) e Peregrino Tuc (Pipino). I tre attraversano l’intera Contea consapevoli di avere alle calcagna alcuni cavalieri neri: sono i Nazgul, i nove re umani che avevano ricevuto gli anelli da Sauron e che si erano fatti corrompere dal potere e dall’avarizia, diventando suoi schiavi.
Una delle tappe fondamentali è il raggiungimento della cittadina di Buck, dove al trio si aggiunge Meriadoc Buck (Merry), cugino di Frodo e Pipino.
La compagnia deve quindi attraversare l’insidiosa valle del Sinuosalice, dove vengono aiutati ed ospitati dal signore dei boschi, Tom Bombadil, il quale presta loro soccorso fino al limitare della vallata, suo territorio di competenza.
Giunti a Brea, gli hobbit incontrano in una locanda una figura misteriosa, che si presenta loro come Granpasso, il quale rivela loro di essere un vecchio amico di Gandalf e si offre di accompagnarli fino a Gran Burrone. Durante la notte la cittadina viene messa a ferro e fuoco dai Nazgul alla ricerca di Frodo e dell’Anello, tuttavia la previdenza di Aragorn, questo il vero nome di Granpasso, era riuscita a salvare la compagnia, nuovamente in cammino verso Gran Burrone.
Giunti a Collevento, luogo di ritrovo stabilito tempo addietro con Gandalf, i viandanti trovano come unica traccia del suo passaggio una runa a forma di G, segno che era passato ma era stato costretto a fuggire. Nello stesso posto Frodo viene pugnalato da uno dei cavalieri e solo le conoscenze di Aragorn riescono a salvarlo, tramite l’ausilio di una pianta curativa.
Nonostate lo hobbit ferito, la compagnia procede spedita e raggiunge il fiume Bruinen, oltre il quale si estendeva il dominio del re mezzelfo Elrond. Qui, aiutati da un messaggero di Gran Burrone, Glorifindel, riescono a guadare il fiume, seppur tallonati dai Nazgul, i quali vengono invece travolti dalle acque tumultuose del fiume e perdono i loro destrieri.
A Gran Burrone si tiene una riunione con gli esponenti principali di tutte le razze della Terra di Mezzo per decidere sul da farsi. Viene infine deciso di lasciare che la compagnia prosegua il suo cammino, accompagnata anche da Gimli il nano, Legolas l’elfo, Boromir di Gondor e Gandalf lo stregone, riunitosi alla compagnia proprio presso la corte di Elrond.
Il loro cammino li guida fino al Cancello Rosso, un valico sul monte Caradhras delle Montagne Nebbiose. A causa della forte neve il gruppo non può avanzare e devia verso le miniere di Moria, un luogo oscuro e pericoloso, antica dimora di nani e ora roccaforte degli orchi che ai primi l’avevano usurpata. È con questi ultimi che la compagnia deve confrontarsi, imbattendosi inoltre in un mostro leggendario, il Balrog di Morgoth. Durante uno degli scontri più suggestivi dell’intero romanzo, Gandalf sconfigge il mostro, facendolo precipitare nuovamente nell’abisso dal quale era sorto, ma finendo per essere trascinato giù anch’egli, consapevole però di aver fornito un’occasione di fuga al resto della compagnia.
La meta successiva è Lothlorien. Questa terra, descritta come paradisiaca e senza tempo, è caratterizzata da alberi dalle foglie d’oro e dai fusti argentei. I sovrani di questo regno sono Celeborn e lady Galadriel. Quest’ultima è un oracolo e sa che Gandalf non ha superato le miniere di Moria. Decide inoltre di ospitare la compagnia per un tempo indefinito.
Un episodio chiave del soggiorno della compagnia all’interno della città è quando la Dama mostra a Sam e Frodo alcune immagini tramite uno specchio magico che fa vedere al Portatore dell’Anello l’Oscuro Signore. Lo hobbit, intimorito, decide di abbandonare la missione, lasciando a Galadirel l’Unico. Lei però, sentendosi tentata da un simile potere, rimette a Frodo il suo incarico e concede molti doni al gruppo nuovamente in viaggio.
I viaggiatori superano poi il fiume Anduin, raggiungendo la gola degli Aragonath, luogo nel quale sono costretti a dividersi: Boromir, Aragorn, Gimli, Legolas, Merry e Pipino procedono verso Minas Tirith per prestare soccorso alla città assediata dagli eserciti dell’Oscuro Signore, mentre Frodo e Sam prendono la strada di Mordor per portare a termine la loro missione.
Tolkien riesce con il suo stile inconfondibile a creare un mondo dal quale è impossibile separarsi veramente. La fiducia, l’amicizia, la caparbietà e la determinazione sono punti chiave della storia e lezioni che ogni personaggio, chi con orgoglio, chi con umiltà, trasmette al lettore. Gli hobbit, piccoli e indifesi dinnanzi all’immensa potenza di Sauron, si rivelano coraggiosi e leali, pronti ad affrontare ogni pericolo pur conoscendo la forza del nemico con il quale si confrontano.
Lo stile di Tolkien è ricco di termini dal significato talvolta complesso, che rendono il libro poco facile da comprendere, ma che possono essere considerati come la punta di diamante del romanzo stesso. La complessità della trama e del lessico, unito a termini elfici, nanici e in Lingua Nera di Mordor, possono talvolta allontanare il lettore, tuttavia il suo richiamo è simile a quello dell’Anello stesso, tanto che, una volta abituatisi all’ambiente letterario “ostile”, è impossibile abbandonarlo.
Le descrizioni sono senza dubbio uno dei punti forti. La Terra di Mezzo è mostrata ai lettori nei particolari, con precise indicazioni geografiche e storiche, tanto da creare un universo vero e proprio, completamente autonomo dal nostro, con i suoi eventi e la sua conformazione, le sue genti, le sue culture ed i suoi contrasti, le sue guerre e le sue tregue.
Le meravigliose dimore di Gran Burrone e di Lothlorien, i vasti ed infiniti boschi del nord, le alte montagne innevate, la rocca di Moria nel profondo della Terra e il lento scorrere del fiume Anduin si proiettano attorno al lettore come un ologramma, trasportandolo in un vortice di emozioni e circondandolo di personaggi amichevoli e leali così come crudeli e terribili.

La scena di Gandalf sul Khazad-dûm è in assoluto quella che ho apprezzato di più, non solo per la descrizione minuziosa di uno scontro brevissimo e spettacolare, ma anche per come lo stregone non abbia pensato due volte a dare la sua vita per far sopravvivere il resto della compagnia, pur non avendo alcuna certezza della riuscita della missione. La fiducia che ripone in Frodo e nei suoi alleati lo rende senza ombra di dubbio il mio preferito tra i partecipanti alla spedizione, senza contare le magistrali interpretazioni di Ian McKellen prima nella trilogia del Signore degli Anelli e poi in quella de Lo Hobbit, entrambe dirette da Peter Jackson.

“Il Balrog giunse al ponte. Gandalf era in piedi al centro della sala e con la mano sinistra si appoggiava al bastone, mentre nella destra Glamdring scintillava, fredda e bianca. Il nemico si arrestò nuovamente, fronteggiandolo, ed intorno ad esso l’ombra allungò due grandi ali. Il Balrog schioccò la frusta, e le code scricchiarono e fischiarono. Del fuoco si sprigionava dalle sue narici: ma Gandalf rimase fermo ed immobile. «Non puoi passare», disse. Gli Orchi tacquero, e si fece un silenzio di morte. «Sono un servitore del Fuoco Segreto, e reggo la fiamma di Anor. Non puoi passare. A nulla ti servirà il fuoco oscuro, fiamma di Udûn. Torna nell’Ombra! Non puoi passare».
Il Balrog non rispose. Il fuoco in lui parve estinguersi, ma il buio crebbe. Avanzò lentamente sul ponte, e d’un tratto si eresse ad una immensa altezza, estendendo le ali da una parete all’altra; ma Gandalf si scorgeva ancora, un bagliore nelle tenebre; pareva piccolo, e del tutto solo: grigio e curvo come un albero avvizzito prima dell’assalto di una tempesta. Dall’ombra, una spada rossa si rizzò fiammeggiante. Glamdring rispose col suo bagliore bianco. Vi fu un fragore squillante ed un lampo di fuoco bianco. Il Balrog cadde indietro e la sua spada volò in mille frammenti liquefatti. Lo stregone oscillò sul ponte, fece un passo indietro, quindi rimase immobile come prima. «Non puoi passare!», disse. […]
In quel momento Gandalf rizzò il bastone, e gridando con voce possente, colpì il ponte innanzi a sé. Il bastone si frantumò e gli cadde di mano. Un’abbacinante parete di fiamme bianche avvampò. Il ponte scricchiolò. Si ruppe immediatamente sotto i piedi del Balrog, e la pietra sulla quale egli si ergeva piombò nell’abisso con fragore, mentre il resto rimase in equilibrio, e fremette come una lingua di roccia nel vuoto. Con un urlo terribile il Balrog precipitò in avanti, e la sua ombra piombò giù scomparendo.
Ma mentre cadeva, diede con la frusta una sferzata, e le code si avvolsero intorno alle ginocchia dello stregone, trascinandolo sino all’orlo della voragine. Gandalf vacillò e cadde, e cercando invano di afferrare la roccia, scivolò nell’abisso.
«Fuggite, sciocchi!», gridò, e scomparve.”

(J.R.R. Tolkien, La Compagnia dell’Anello, libro II, capitolo V – Il ponte di Khazad-dûm)